Patrizia Mai

La Casa delle Api

Sculture di pensieri in cammino
Movimento vitale che ci pervade, pur senza consapevolezza
deposito di memoria nascosta, tentativo di scardinare i freni
che ci incatenano al piccolo mondo della vita inquadrata nel luogo.
Tentativo di ricordare le nostre radici che ci radicano a quel luogo di nascita
e anche ci liberano nel movimento sotterraneo degli intrecci radicali che ci inducono
ad emergere, a ricostituirci, a viaggiare verso la meta dentro di noi
e non ancora espressa nella luce, opaca ma dolce, gialla di miele.
Quel nostro piccolo mondo è lecito ed avvolgente,
custodisce i nostri legami, manifesta uno sviluppo comune seppur individuale,
ci rende partecipi delle ragnatele interrate prima ed esplose poi sopra il suolo, sotto il sole,
nelle nostre vie neuronali che si fanno relazionali, sociali, comuni pur nelle nostre diversità.
Il movimento lento e il suono pervasivo di sottofondo stanno all’origine della vita
ed ecco che dalla nascita la natura si allaccia alla cultura e la cultura si ispira alla natura,
ecco che il suono si fa solido e visibile nella sequenza delle cellette delle nostre api
e le cellette si fanno casa delle lettere, delle frasi, delle parole scambiate come note musicali
nella sinfonia che accomuna gli esseri umani a tutti gli altri esseri animati,
animali e vegetali e minerali: il suono della polvere si fa solido nelle forme che si intrecciano
che si aprono che si chiudono che si appoggiano e si sostengono nelle note
che a noi servono per inquadrarci in un contesto che non vuole essere incorniciato e delimitato
ma vuole procedere passo dopo passo un metro dopo l’altro, per raggiungere la stabilità
che si fa fiore, casa, vita: la vita delle case sui fiori delle api è la nostra vita
nella solidità colorata che si fa simbolo della nostra presenza, dell’esperienza, dell’esserci,
del guardarci e ascoltarci, suono e richiamo da una casetta all’altra, nell’esplorazione da sopra
il ramo, nel riparo tra le fronde, nella custodia delle radici: movimento lento che allarga il mondo.

La natura rende l’arte di umana cultura
patrimonio prezioso dell’uomo pensante:

la forma d’arte ci distingue dall’animale, che pur è animale sociale:
l’artista si esprime con strumenti impossibili per altre forme viventi.
Però, però… forse sto riproducendo quel che mi è già stato proposto:
la natura in cui sono immerso è spunto per la cultura che permette anche a me di vivere
come animale sociale: allora scopro che tutto è connesso, anche in modo indipendente da me.
Il mio pensiero torna al già visto e conosciuto e crea moduli di interdipendenza tra le diverse forme di vita: posso ricondurre la mia immaginazione all’alveare, alla produzione di miele, alle cellette, al ronzio, alla cera, al movimento, all’alacrità, alla vitalità, alla composizione, alla supervisione della regina delle api: è sempre un andare oltre, un ponte dal dentro al fuori, uno schema da imitare e superare, un prendersi cura dell’insieme che ci fa stare bene, un valorizzare il proprio mondo interiore per poter contribuire alla comunità dei piccoli gesti e delle grandi attività che si guardano negli occhi, insieme.
Chissà come dormono le api nelle loro casette: chissà perché… ci inducono alla riflessione leggera, all’immaginazione;
chissà perché… la mielosa ripetizione di gesti e attività ronzante e svolazzante
non si arrende alla banalità, non si arresta alla soglia del noto: vuole superare l’usuale per poi approdare al nuovo: ogni raccolta è sempre una novità, il tempo di ogni produzione si ripete nella scoperta e nei ricordi, non procede verso una fine ma piuttosto verso un rinnovo: il fascino delle strutture geometriche proposte e riproposte come modulo a comporre e ricomporre le strutture figurative viene dall’alone evanescente che il movimento laborioso fissa nell’invisibile, a renderlo visibile.
I nostri corpi vedono quel vortice, lo ascoltano, lo toccano, lo annusano, lo gustano, lo chiudono nei vasetti, lo liberano nei cuori, sui petali dei fiori, lo perdono e ritrovano nella sensibilità dei desideri, nella suggestione delle possibilità non possibili.
La curiosità appagabile ci fa aprire la porta della stanza delle api,
entrare nello stupore di un’immagine, soffermare nel colore di un’atmosfera,
ricordare una permanenza infantile, recuperare un’emozione interiore dimenticata,
ritrovare una parte di noi legata a tutti noi nelle regole della nostra vita comune,
umani individui che si dividono i compiti per vivere insieme.
La casa delle api
ci ammalia e coinvolge spontaneamente, colmandola dei tanti sussurri,
degli oh, ma dai, ma guarda, mi sembra, ti sembra, ti ricordi, ti riconosci, ti percepisci
dentro alla nuvola colorata di emozione che prima non vedevi e che poi immagini
e che ora rende solida la leggerezza del pensiero: l’immaginazione si fa
scultura del pensiero e abbandona ogni possibile timore:
nella stanza delle api
hai la terra sotto i piedi e non lo sai, hai un tetto sulla testa e non lo sai,
hai solide pareti attorno a te e non lo sai perché sei dentro al tuo castello,
quello della tua immaginazione che si fa realistica emozione facendoti pensare che
da una piccola casa, la casa delle api, si apre la possibilità di qualcosa di più grande,
alla nostra portata, che possiamo progettare e realizzare e infine, insieme, apprezzare.

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