Le tematiche di Pino Di Gennaro portano in luce e con immediatezza risultati visivi del tutto originali e autonomi. Si tratta qui di opere plastiche che presentano una notevole varietà di materiali corposi e cromatici, risolti in narrazioni tridimensionali e scene di spazi che eludono ogni limite, sviluppandosi in volumetrie complesse fatte di ondulazioni, scansioni, incrostazioni, sollecitazioni alla verticalità, tracciati segnici misteriosi di sapore arcaico.

E’ qui presente una notevole sensibilità manipolatrice capace di plasmare, ben al di là della tradizione, interessanti strutture plastiche in cui sono coniugati gli elementi matrici e compositivi più diversi, come il bronzo, l’acciaio, l’alluminio, il poliestere, la cera e persino la cartapesta. In un fluire metamorfico dove sovente i materiali si fondono in un tutto unitario, il risultato finale di questi emblemi raggiunge livelli espressivi di estrema e colta raffinatezza.

Nell’ambito espressivo dell’astrazione Di Gennaro gioca una scommessa con la forma informe, facendosi convincere delle affinità elettive dei suoi materiali, che si fanno agglomerato per confluire verso verità e problematiche estetiche che rappresentano, in qualche modo, un vissuto del tutto attuale. Queste sculture sono la risposta oggettuale di percezioni connesse a una natura macrocosmica poco amica dell’uomo. Se nel bronzo è realizzato un grande cerchio astrale che cita emblematicamente una Luna solare, o se la cartapesta rende omaggio alla scrittura primitiva e magica del graffito, o quando la massa scultorea si erge in tutta la sua grandiosità e complessità strutturale come un’architettura mentale e immaginifica, in ognuno di questi casi lo scultore riesce a comunicare un senso di ariosa leggerezza.

Gli inusitati approdi a cui conducono queste commistioni polimateriche, che costituiscono il tratto più saliente della visibilità e riconoscibilità astratte di un artista sapiente, sembrano voler dare spazio a riflessioni sull’uomo imprigionato in quesiti irrisolvibili, e sull’incomprensibile distanza che intercorre tra la sua assenza effimera e l’universo indifferente che lo circonda. Nella nostra crisi del linguaggio e del sapere, Di Gennaro interviene con l’incertezza dell’astrazione, operando in chiave informale con allusività figurali, optando quindi per una visionarietà allegorica dove la massa scultorea è la testimonianza del bisogno umano di vivere nell’energia e nella luce.

Egli realizza così la sua idea del creato, misurandone a volte l’interezza incommensurabile, a volte frammentandolo in un’infinitesimale piccolezza, ristabilendo a suo modo l’assunto pascaliano che situa l’uomo a metà strada fra due infiniti grandiosi e abissali. Ognuna di queste ricerche parte da premesse formali riconoscibili, per addentrarsi in definizioni spettacolari dello spaio cosmico, che viene riconosciuto attraverso l’alfabeto della scienza astronomica, e quindi traslato in un linguaggio poetico giovanile ed energico. La trasformazione del bronzo o della cera diventano così gti fattivi dell’accettazione estetica di un mistero, che lascia spazio allo stupore indifeso e alla contemplazione.

Queste modulazioni vibrate della forma e del colore rivelano un artista dalle forti emozioni e dotato di una perentorietà cromatica e volumetrica assai persuasiva. La sua scultura traccia la mappa illustrata di un percorso astrale e terreno,   che sembra proporre un ordine razionale, e quindi un’interpretazione statica delle attrazioni gravitazionali che appartengono alle leggi cosmiche e, per inevitabile analogia, alle passioni umane.

 Tratto da “Le scelte di Sgarbi” Editoriale Giorgio Mondatori 2004, di Vittorio Sgarbi
Immagine Casuale
1988 Biennale di Venezia da sin. Alik Cavaliere Pino Di Gennaro Arnaldo Pomodoro
Archivi